“Nella vita quotidiana quante volte
una parola pungente, ingiusta, ferisce e fa soffrire, provoca
ritorsioni e guasta i rapporti: quante volte un disconoscimento
offende un animo e semina discordia.
Anche nel semplice comunicare, in
famiglia, nel lavoro, (nella vita associativa, in politica ndr)
i nostri discorsi sono violenti o pacifici?
Teniamo conto che è sempre possibile
una verità ulteriore rispetto alle nostre convinzioni? Abbiamo una
mentalità conclusiva che chiude la bocca agli altri, oppure
dialogica, aperta a capire meglio e farsi opinioni migliori? La
mentalità apodittica, imperativa, è prevaricazione, una violenza
sottile, che entra nell'intimo.
Non pensiamo solo a guerra e pace, alla
nonviolenza politica, strutturale. La nonviolenza basilare è intima
nelle persone. Giuliano Pontara in un limpido libretto su “La
personalità nonviolenta” (Ega 1996) pone alla radice dell'impegno
nonviolento le virtù classiche di chi costruisce giuste e buone
relazioni: empatia, indipendenza, fiducia, dialogo, mitezza, coraggio,
abnegazione, pazienza.(...)”.
Tratto da “Il pane quotidiano
della nonviolenza” di Enrico Peyretti in Azione
Nonviolenta-N.596/7, Agosto/settembre 2013.